Pizza Scrocchiarella Romana: alla scoperta di un’icona della cucina Capitolina
Se cercassimo di vedere l’Italia attraverso gli occhi di un appassionato di pizza, potremmo senza dubbio apprezzare l’eterogeneità degli stili di impasto presenti nelle diverse regioni dello stivale.
Riducendo il campo al mondo delle pizze al piatto possiamo vedere come la pizza in stile napoletano risulti lo stile dominante esclusivamente in Campania, mentre nel resto della nazione possiamo trovare quella che chiamiamo pizza tonda al piatto, un “ibrido” tra vari stili di pizza tonda con diametro tra i 28 ed i 30 cm, cornicione minimo, né troppo soffice né troppo friabile. È la pizza che si trova in tantissime pizzerie e che soddisfa tutti i gusti, la pizza classica sfornata dalla quasi totalità delle pizzerie che fanno asporto.
Esiste però un terzo stile di pizza sviluppatosi fin dalla metà del secolo scorso nella Capitale, una pizza iconica che negli ultimi sette anni circa ha avuto una vera e propria rinascita.
Oggi parleremo quindi della pizza romana al piatto chiamata anche “scrocchiarella”.
Il suo identikit è facile grazie ad alcune peculiarità: panetto da 180 grammi, idratazione tra il 57% ed il 60%, stesura finissima eseguita a mano o mattarello per un diametro di circa 28-30 centimetri, cornicione assente.
La pizza scrocchiarella presente a Roma già dagli anni ‘50(ma forse anche prima) è rimasta ben salda nei menù delle pizzerie cittadine come unico stile di pizza presente.
Il peso ridotto della grammatura della pasta unita ad una consistenza friabile l’ha resa quasi sempre abbinabile alla caratteristica offerta di fritti pastellati o panati come antipasto: la combo supplì, fiore di zucca e pizza rappresenta ancora un grandissimo classico nelle pizzerie romane.
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Una pizza romana al piatto con le giuste caratteristiche organolettiche deve privilegiare in primis la corretta friabilità post cottura, punto fondamentale e cifra stilistica principale immediatamente riscontrabile nello stile romano.
Come già scritto, l’idratazione media dell’impasto aiuta ad avere la corretta asciugatura in forno ma è temperatura del forno corretta che riuscirà a cuocere correttamente il disco di pasta.
La pizza scrocchiarella romana è sempre stata cotta in forni a legna con fiamma presente ma senza andare mai oltre ai 350 gradi, questo permette cotture che arrivano a 120-180 secondi per permettere appunto di creare la giusta friabilità ed avere un bordo estremamente croccante.
Al giorno d’oggi le pizzerie romane utilizzano anche forni elettrici e a gas, le temperature di esercizio non superano quasi mai i 350 gradi.
Il condimento viene distribuito quasi fino a bordo impasto per annullare completamente eventuali sviluppi del cornicione che resterà basso e friabile fuori dal forno. La stesura stessa della pizza, contrariamente ai dettami dello stile napoletano, parte dallo schiacciamento dei bordi della pallina per privilegiare un allargamento del disco di pasta sul banco mediante stesura manuale o mediante mattarello.
Il mattarello stesso, spesso ingiustamente accusato e denigrato all’interno di inutili polemiche tecniche nel mondo pizza, è sempre stato utilizzato nella stesura della pizza tonda romana. Attualmente a Roma si possono infatti trovare stesure sia a mano che a mattarello.
La pizza scrocchiarella romana in alcune insegne storiche è ancora realizzata con lavorazioni dirette a temperatura ambiente, utilizzando impasti gestiti direttamente da mattino a sera senza passaggio in frigorifero.
L’idratazione contenuta e l’utilizzo di farine a basso contenuto proteico come farina Verace permettono di avere impasti lavorabili e comodi da gestire (clicca qui per scoprire farina Verace).
Come alternativa, risulta una pratica spesso diffusa la gestione degli impasti a temperatura controllata che permette a tanti professionisti capitolini di poter lavorare i propri impasti con gestioni in frigorifero senza sprechi e con maturazioni dalle 24 alle 48-72 ore. Il tal caso la scelta di un’ottima farina che abbini un buon tenore proteico a valori corretti di estensibilità risulta una scelta vincente.
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Concludiamo il nostro articolo con due procedimenti di impasto, utili al professionista che volesse provare questo stile di pizza: vedremo un impasto diretto ed un indiretto calibrati su un ipotetico chilogrammo di farina (leggi qui la guida alla scelta dell’impasto).
Nel primo caso ragioneremo su un impasto diretto con gestione a temperatura controllata (+4 C) e appretto lungo:
- 1 kg di Farina 0 W 280 -300 -> Costiera;
- 600 gr. di acqua;
- 2 gr. lievito di birra fresco;
- 26 gr. sale marino fino;
Si parte con tutta la farina in macchina insieme al lievito, si aggiunge l’acqua e si lavora in prima velocità fino ad avere un impasto liscio ed incordato, inseriamo il sale a metà lavorazione.
La massa idealmente chiusa a 24 gradi circa, verrà fatta puntare sul banco coperta per circa un’ora, si staglieranno palline dal 180 grammi che verranno messe in cassette da pizza.
Dopo circa 90 minuti a temperatura ambiente (22-25 gradi) si riporranno in frigorifero per essere utilizzate entro le 48 ore successive.
Qualora volessimo optare per un impasto indiretto, ecco una possibile opzione che prevede un Poolish al 40% con farina tipo ”1” ( gestione di 12-14 ore a 20-22 gradi C):
Poolish
- 400 gr. farina tipo 1 W 280 – 300 -> Oro Fibra 1;
- 400 gr. di acqua;
- 4 gr lievito di birra fresco;
Impastare e chiudere il poolish a 20 gradi e riporlo a 20-22 gradi circa in un contenitore alto e stretto coperto con pellicola per 12-14 ore, dovrà crescere e collassare leggermente al centro.
Impasto finale
Tutto il poolish
- 600 gr. di farina “0” W 280 – 300 -> Costiera;
- 200 gr. di acqua;
- 28 gr. di sale marino fino;
Partire dal poolish in vasca, aggiungere la farina di rinfresco, l’acqua mancante ed il sale a metà lavorazione, lavorare in prima velocità fino ad incordatura.
Far puntare le massa per un’ora in una cassetta con tappo che possa contenere l’impasto senza farlo rilassare troppo, formare le palline da 180 grammi e riporle nelle cassette da pizza, aspettare 60 minuti e mettere le palline in frigorifero per utilizzarle nelle 24 ore successive.